CUBA-5
01/05/2008
Salutiamo velocemente i padroni di casa, riusciamo ad evitare comizio, corteo ed adunanza del 1° maggio e ci dirigiamo a nord-ovest verso L’Avana lungo l’autopista.
Come al solito ci perdiamo nello smisurato dedalo di vie e strade non segnalate della città, ma senza troppi drammi ne usciamo a Ovest, direzione Pinar del Rio.
Stiamo procedendo tranquillamente quando un uomo in divisa si butta letteralmente davanti alla macchina( e per poco non si ritrova suo malgrado a controllare di persona come è fatto il sotto dui una 206).
Ci chiede un passaggio: che fai, non ti fidi di un uomo in divisa?
E così proseguiamo il viaggio in 3.
Instauriamo una conversazione in italo-spagnolo.
E’ molto simpatico, e conosciamo così un po’ di vita dei ragazzi cubani.
E’ un sorvegliante, fa servizio presso una piantagione di tabacco( la migliore, dice lui), dove ci spiega deve andare a lavorare.
Doveva cominciare alle otto( adesso sono già le 3 del pomeriggio), ma siccome non ha trovato passaggi prima, quando arriverà inizierà il suo turno di otto ore.
Già, perchè qui si usa così: non c’è fretta, non ci sono orologi, non c’è l’assillo di dover arrivare in tempo per fare qualcosaa. Di tempo ce n’è sempre abbastanza.
Anzi rimane stupito del nostro modo di lavorare, col cartellino per le timbrature, con le giornate rigidamente scandite, sempre uguali a sè stesse.
Altra verità dei cubani: IL MOJITO NON ESISTE. O meglio, esiste per i turisti. Qui nelle grandi occasioni bevono rhum solo, ballano, e fumano il sigaro.
Insiste e ci porta dal suo capo, alla piantagione di tabacco: ci fa girare in uno sterrato di terra rossastra, che termina in uno spiazzo con tre capanne, 5 persone e un paio di cani.
“OK, è finita! Qui ci sequestrano, derubano, ammazzano, e poi fanno sparire ogni traccia del nostro soggiorno!”
Ci viene incontro il cicerone della fazenda, un tizio sorridente dal Rolex d’oro, ci saluta, e chiede al capo della baracca qualcosa di lucente, che gli consegna in mano.
“Ci fanno fuori con un colpo alla testa...”
Si rivela invece molto disponibile e loquace: per cominciare da una serie di mazzi di sigari ben allineati su un’asse, prepara un Cohiba( Churchill) per me. Ne buca la testa, me lo porge, me lo fa accendere, e fumare con calma. Lo stesso fa con un Romeo y Julieta ( Corona) per la Pek.
Inizia così a raccontarci la storia dei sigari, dalla coltivazione della pianta, all’essicazione, alla arrotolatura( che resterà il nostro desiderio irrealizzato di tutta la vacanza) fino alle tecniche di lavorazione delle singole foglie prima della torceadura.
Ci offre un buon caffè e ci spiega i 5 modi per riconoscere se un sigaro è o meno un buon sigaro:
1- soffiando nel piede(la parte che si accende), il sigaro si gonfia, perchè è totalmente sigillato.
2- se lo si rolla delicatamente tra il pollice e l’indice e lo si ascolta, lo si sente scricchiolare moderatamente, perchè le foglie sono seccate al punto giusto.
3- con la stessa manovra, dal sigaro non deve uscire una briciola di tabacco, segno che la “tripa” è composta unicamente da foglie intere.
4- il colletto( la parte col nome della fabbrica) è dai colori brillanti, in rilievo.
5- immergendo la testa del sigaro in un buon caffè, resta al palato un gusto ancor più dolce nella boccata( già, e non tirata, perchè mai aspirarne il fumo, è veramente pesante).
Mi lascio convincere ad acquistare una quindicina di buoni sigari per un buon prezzo.
Ci congediamo, felici di questa avventura, fuori dagli schemi della classica vacanza cubana.
Saliamo lungo la montagna, e arriviamo a Vinales.
Il bel complesso dell’albergo migliore di Vinales, con mega piscina con vista mozzafiato sulla vallata, è come al solito al completo, ma c’è una camera in un albergo consociato, la loro succursale.
Due ragazzi italiani ci dicono che” si, è bello, ma un gradino sotto questo…”.
Poco importa: per 55 cuc$ a notte ( 38.5€) decidiamo di fermarci.
Le indicazioni sono precise, ci ritroviamo in uno slargo/posteggio sulla strada provinciale, e l’indicazione HOTEL RANCHO SAN VICENTE.
Passato un ponticello di legno c’è il paradiso, e noi dormiremo qui due notti.
Un complesso di una trentina di piccole casette in legno, con patio, poltroncine, parete a vetrata, totalmente immerse nella foresta.
Un esempio di villaggio eco-compatibile, dove la pace regna sovrana: le palme alte oltre 20 metri fanno ombra, gli uccelli cantano, e galli, galline, pulcini, faraone, tacchini e cani girano, padroni indisturbati, per i vialetti tra le abitazioni.
Come bambini davanti ad un enorme uovo di Pasqua lasciamo giù le valige e ci facciamo un giro in Paradiso.
Apriamo la porta della camera, ma ci fermiamo fuori sulle sdraio estasiati, a ricaricare le batterie di silenzio e aria pura.
Alla tele nel frattempo scorrono le immagini della odierna manifestazione di Plaza de la rivolucion, a L’Avana.
Una marea di 500mila persone festanti, con gli striscioni delle loro fabbriche, le bandiere cubane al vento, bambini in braccio ai loro padri, e gente felice in piazza, senza contestazioni, né violenza, né forza esibita, se non quella dell’unità di un popolo.
Cena a base di mangosta y camarones( aragosta e gamberi) e a nanna presto.
Salutiamo velocemente i padroni di casa, riusciamo ad evitare comizio, corteo ed adunanza del 1° maggio e ci dirigiamo a nord-ovest verso L’Avana lungo l’autopista.
Come al solito ci perdiamo nello smisurato dedalo di vie e strade non segnalate della città, ma senza troppi drammi ne usciamo a Ovest, direzione Pinar del Rio.
Stiamo procedendo tranquillamente quando un uomo in divisa si butta letteralmente davanti alla macchina( e per poco non si ritrova suo malgrado a controllare di persona come è fatto il sotto dui una 206).
Ci chiede un passaggio: che fai, non ti fidi di un uomo in divisa?
E così proseguiamo il viaggio in 3.
Instauriamo una conversazione in italo-spagnolo.
E’ molto simpatico, e conosciamo così un po’ di vita dei ragazzi cubani.
E’ un sorvegliante, fa servizio presso una piantagione di tabacco( la migliore, dice lui), dove ci spiega deve andare a lavorare.
Doveva cominciare alle otto( adesso sono già le 3 del pomeriggio), ma siccome non ha trovato passaggi prima, quando arriverà inizierà il suo turno di otto ore.
Già, perchè qui si usa così: non c’è fretta, non ci sono orologi, non c’è l’assillo di dover arrivare in tempo per fare qualcosaa. Di tempo ce n’è sempre abbastanza.
Anzi rimane stupito del nostro modo di lavorare, col cartellino per le timbrature, con le giornate rigidamente scandite, sempre uguali a sè stesse.
Altra verità dei cubani: IL MOJITO NON ESISTE. O meglio, esiste per i turisti. Qui nelle grandi occasioni bevono rhum solo, ballano, e fumano il sigaro.
Insiste e ci porta dal suo capo, alla piantagione di tabacco: ci fa girare in uno sterrato di terra rossastra, che termina in uno spiazzo con tre capanne, 5 persone e un paio di cani.
“OK, è finita! Qui ci sequestrano, derubano, ammazzano, e poi fanno sparire ogni traccia del nostro soggiorno!”
Ci viene incontro il cicerone della fazenda, un tizio sorridente dal Rolex d’oro, ci saluta, e chiede al capo della baracca qualcosa di lucente, che gli consegna in mano.
“Ci fanno fuori con un colpo alla testa...”
Si rivela invece molto disponibile e loquace: per cominciare da una serie di mazzi di sigari ben allineati su un’asse, prepara un Cohiba( Churchill) per me. Ne buca la testa, me lo porge, me lo fa accendere, e fumare con calma. Lo stesso fa con un Romeo y Julieta ( Corona) per la Pek.
Inizia così a raccontarci la storia dei sigari, dalla coltivazione della pianta, all’essicazione, alla arrotolatura( che resterà il nostro desiderio irrealizzato di tutta la vacanza) fino alle tecniche di lavorazione delle singole foglie prima della torceadura.
Ci offre un buon caffè e ci spiega i 5 modi per riconoscere se un sigaro è o meno un buon sigaro:
1- soffiando nel piede(la parte che si accende), il sigaro si gonfia, perchè è totalmente sigillato.
2- se lo si rolla delicatamente tra il pollice e l’indice e lo si ascolta, lo si sente scricchiolare moderatamente, perchè le foglie sono seccate al punto giusto.
3- con la stessa manovra, dal sigaro non deve uscire una briciola di tabacco, segno che la “tripa” è composta unicamente da foglie intere.
4- il colletto( la parte col nome della fabbrica) è dai colori brillanti, in rilievo.
5- immergendo la testa del sigaro in un buon caffè, resta al palato un gusto ancor più dolce nella boccata( già, e non tirata, perchè mai aspirarne il fumo, è veramente pesante).
Mi lascio convincere ad acquistare una quindicina di buoni sigari per un buon prezzo.
Ci congediamo, felici di questa avventura, fuori dagli schemi della classica vacanza cubana.
Saliamo lungo la montagna, e arriviamo a Vinales.
Il bel complesso dell’albergo migliore di Vinales, con mega piscina con vista mozzafiato sulla vallata, è come al solito al completo, ma c’è una camera in un albergo consociato, la loro succursale.
Due ragazzi italiani ci dicono che” si, è bello, ma un gradino sotto questo…”.
Poco importa: per 55 cuc$ a notte ( 38.5€) decidiamo di fermarci.
Le indicazioni sono precise, ci ritroviamo in uno slargo/posteggio sulla strada provinciale, e l’indicazione HOTEL RANCHO SAN VICENTE.
Passato un ponticello di legno c’è il paradiso, e noi dormiremo qui due notti.
Un complesso di una trentina di piccole casette in legno, con patio, poltroncine, parete a vetrata, totalmente immerse nella foresta.
Un esempio di villaggio eco-compatibile, dove la pace regna sovrana: le palme alte oltre 20 metri fanno ombra, gli uccelli cantano, e galli, galline, pulcini, faraone, tacchini e cani girano, padroni indisturbati, per i vialetti tra le abitazioni.
Come bambini davanti ad un enorme uovo di Pasqua lasciamo giù le valige e ci facciamo un giro in Paradiso.
Apriamo la porta della camera, ma ci fermiamo fuori sulle sdraio estasiati, a ricaricare le batterie di silenzio e aria pura.
Alla tele nel frattempo scorrono le immagini della odierna manifestazione di Plaza de la rivolucion, a L’Avana.
Una marea di 500mila persone festanti, con gli striscioni delle loro fabbriche, le bandiere cubane al vento, bambini in braccio ai loro padri, e gente felice in piazza, senza contestazioni, né violenza, né forza esibita, se non quella dell’unità di un popolo.
Cena a base di mangosta y camarones( aragosta e gamberi) e a nanna presto.
0 Comments:
Posta un commento
<< Home